REFERENDUM: CONTE RISCHIA LA POLTRONA? CI SONO DEI BUONI MOTIVI PER VOTARE “NO”!

Il “Sì” favorito da tutti i sondaggi, ma il risultato è davvero così scontato?


08/09/2020

Nelle ultime settimane, per quanto concerne il panorama politico, non si sta parlando d’altro. 20 e 21 Settembre, non due date qualsiasi, ma i due giorni in cui si deciderà il futuro del Parlamento e non solo. Una sorta di “election day”, in cui saranno chiamati a votare tutti gli italiani per confermare o respingere la riforma costituzionale sul taglio dei parlamentari (battaglia storica del Movimento 5 Stelle). Contestualmente, in sette regioni, si voterà per il rinnovo del Consiglio Regionale (e quindi per eleggere il nuovo Governatore della regione) e in più di mille comuni si terranno le elezioni amministrative (rinnovo del Consiglio Comunale ed elezione del Sindaco).

Oggi, in particolare, ci occuperemo dell’imminente referendum. 

In cosa consiste il referendum?

Attualmente, il Parlamento conta un totale di 945 membri: 630 deputati e 315 senatori, più i sei senatori a vita. Se al referendum dovesse vincere il “Sì”, si taglierebbero 345 poltrone, passando dunque, a partire dalla prossima legislatura, a 400 deputati e 200 senatori, per un totale di 600 parlamentari. Il Movimento 5 Stelle stima, in caso di conferma popolare, un risparmio di circa 100 milioni di euro annui, ma alcuni dei partiti più radicali, specialmente a sinistra (+Europa di Emma Bonino e Azione di Carlo Calenda in primis), ritengono che, in realtà, il risparmio sarà minore di 60 milioni di euro nello stesso arco temporale: “Un caffè all’anno per ogni italiano”, sdrammatizzava la Bonino. 

Ma come voteranno gli italiani?

Secondo tutti i sondaggi, il “Sì” al referendum avrebbe un’ampia maggioranza all’interno del Paese, ma non è detto che il risultato sia così scontato. Di certo, negli ultimi anni tantissime forze politiche (da destra a sinistra, passando per gli indecisi e soprattutto per questi ultimi) hanno criticato “la casta”, “l’establishment” rappresentati dalla classe politica. Per sei anni, dal 2013 al 2019, il M5S ha aspramente criticato i governi del PD (Letta, Renzi, Gentiloni), salvo poi spartirsi le poltrone proprio con loro, attuando a tutti gli effetti un revisionismo storico di partito. Tagliare i parlamentari, adesso, è il modo perfetto per dimostrare l’odio verso quella casta e quell’establishment che, in altre occasioni, non si sono certo fatti problemi a rappresentare: un vero e proprio atto demagogico, sebbene incoerente. 

D’altra parte, i buoni motivi per votare “No” ci sono. Volendo fare un ragionamento di tipo opportunistico, c’è da dire che un’eventuale (ma improbabile) vittoria del “No” sarebbe la definitiva sfiducia al M5S e al Governo tutto. Per farla breve, se il referendum venisse respinto, Giuseppe Conte, da uomo politico di area M5S, potrebbe addirittura sentirsi in dovere di rassegnare le dimissioni.

Ma, come detto sopra, ci sono ben altri buoni motivi per votare “No”: anzitutto, è da capire se vale davvero la pena di tagliare la rappresentatività popolare nel nome di un risparmio di 100 milioni di euro all’anno (nella migliore delle ipotesi). Al giorno d’oggi, gli investimenti per il futuro, per la crescita dell’economia e per le varie altre riforme si calcolano nell’ordine dei miliardi. Ma anche parlando di cose più piccole, ci ritroviamo un Governo che ha stanziato ben 120 milioni nel mitico Bonus Monopattino. Alla luce di tutto ciò, risparmiare 100 milioni di euro in un anno è tanto importante da ridurre i rappresentanti del popolo? 

Ma non finisce qui: chi si intende un minimo di politica, sa che le maggioranze in Senato fanno sempre fatica a reggere per 5 anni, mentre alla Camera le maggioranze di governo sono sempre molto più ampie, solide e stabili. È una semplice questione di numeri: alla Camera, con 630 deputati, la maggioranza vanta sempre 20, 30, 40 membri in più rispetto all’opposizione e ciò garantisce stabilità indipendentemente dai vari movimenti e cambi di casacca che avvengono nel corso della legislatura; mentre al Senato, essendo i senatori la metà, la maggioranza si appiglia, spesso, a quei 4, 5, 6 numeri in più, oltre alle autonomie o addirittura ai senatori a vita. Questo comporta che, nel corso dei mesi e degli anni, quando i vari parlamentari creano nuovi gruppi e/o passano all’opposizione, l’Esecutivo perde l’appoggio di uno dei due rami del Parlamento, il che porta all’interruzione anticipata dell’azione di governo.

Questo e altri motivi, hanno trascinato l’Italia in un record imbarazzante: in 74 anni di storia della Repubblica, non abbiamo mai avuto un Governo che durasse 5 anni. Il più longevo è stato il Governo Berlusconi II (3 anni, 10 mesi e 12 giorni), al secondo posto il Governo Berlusconi IV (3 anni, 6 mesi e 8 giorni) e al terzo, a completare il podio, il Governo Craxi I (2 anni, 11 mesi e 28 giorni, ma siamo finiti alla metà degli anni ottanta, ovvero circa 35 anni fa).

Insomma, ridurre il numero dei senatori da 315 a 200 significa destabilizzare ancora di più le future maggioranze; portare la Camera da 630 a 400 deputati vuol dire trascinarla quasi ai livelli del Senato odierno. 

E ancora, c’è da fare un discorso per i partiti più piccoli. Con la riduzione del numero dei parlamentari, dovrà essere approvata una nuova legge elettorale che, inevitabilmente, presenterà un innalzamento della soglia di sbarramento (il numero minimo di voti che ogni partito deve prendere per entrare in Parlamento). Con la legge elettorale attuale, il Rosatellum, la soglia sta al 3%. Se vincesse il “Sì”, questa potrebbe essere alzata ulteriormente, forse addirittura fino al 5%. Ciò porterebbe all’esclusione certa di moltissimi partiti (+Europa, Azione, Italia Viva, Partito Verde e altri). Insomma, un Parlamento in cui entrerebbero solo il M5S, il PD e tutta la coalizione di centrodestra. Uno schiaffo ai partiti più piccoli, che significa rendere vano il voto di milioni di italiani (prendere il 3%, per esempio, vuol dire raccogliere all’incirca un milione di voti). 

Alla luce di tutto ciò, vale davvero la pena di confermare il taglio dei parlamentari? Soltanto il tempo saprà risponderci.


Luigi Dell'Utri, 08/09/2020