LA “NON SFIDUCIA” DI RENZI E IL GOVERNO DI MINORANZA: IL PUNTO SULLA SITUAZIONE POLITICA ATTUALE

Incoerenza, inefficienza, incompetenza: le tre “i” del Governo Conte-bis
24/01/2021

Lunedì 18 e Martedì 19 Gennaio 2021: due giorni che difficilmente gli appassionati di politica dimenticheranno, non perché si sia parlato di Recovery Fund, di futuro, di ristori, di transizione ecologica o di innovazione tecnologica, ma perché si è tenuta in sedi istituzionali una delle crisi politiche più imbarazzanti della storia repubblicana. E non perché, come ha detto qualcuno, non si debba aprire una crisi in piena pandemia, bensì perché non si può immaginare di stipulare un “patto di legislatura” che duri due anni su una maggioranza raccogliticcia ed eventualmente tenuta in piedi da (ir)responsabili. 


Il tardo ritiro delle ministre e la parlamentarizzazione della crisi

La crisi politica attuale ha avuto ufficialmente inizio il 13 Gennaio, giorno in cui i rappresentanti di Italia Viva al Governo si sono dimessi a seguito di una bozza del Recovery Plan non ancora soddisfacente e di un nuovo rifiuto del MES da parte del Presidente del Consiglio. E così, vantando la capacità di rinunciare alle poltrone nel nome delle idee, Italia Viva ha tolto l’appoggio al Governo Conte II, lasciando tuttavia le porte aperte a un nuovo dialogo.

Effettivamente, è dalla fine di Luglio che Renzi e il suo partito chiedono al Governo un dibattito sul Recovery Plan, ma a questo punto verrebbe da chiedersi perché Italia Viva abbia aspettato così tanto per sottrarre l’appoggio all’esecutivo. Molti lo accusano di essere stato impaziente, ma forse la verità è che ha aspettato fin troppo a ritirare le ministre. Prova ne è il fatto che, durante il dibattito parlamentare degli scorsi giorni, il Presidente Conte ha più volte ribadito che per il Recovery Plan “bisogna fare in fretta”. Insomma, non c’è più molto tempo e forse qualche responsabilità la ha anche Renzi con il suo tira e molla; se avesse staccato la spina al Governo a Ottobre o Novembre, certamente oggi non saremmo in questa situazione. 

Sia come sia, il Presidente del Consiglio ha scelto di parlamentarizzare la crisi e di fare la conta dei deputati e dei senatori ancora al suo fianco. Una scelta coraggiosa secondo alcuni, mentre secondo altri dettata dalla convinzione di avere già i “responsabili” dalla propria parte. 


Alla ricerca dei “costruttori”

Nelle ultime settimane si è più volte parlato di “responsabili” e di “costruttori”, in quanto adesso il Presidente del Consiglio ha un serio problema di numeri in Parlamento, soprattutto al Senato. Senza i 18 senatori di Italia Viva (17 più il senatore Nencini del PSI), i rimanenti partiti della maggioranza, pur con l’appoggio del gruppo per le Autonomie (9 senatori), non raggiungono un numero sufficiente per mantenere in vita il Governo. Già dal momento in cui il ritiro dei componenti di Italia Viva è diventata un’ipotesi concreta, quindi, Conte e la sua maggioranza hanno cominciato a ricercare dei singoli senatori disponibili a votare la fiducia all’esecutivo, senza mai salire al Quirinale nemmeno dopo le effettive dimissioni delle ministre Bonetti e Bellanova e del sottosegretario Scalfarotto. E così, tra mille polemiche e qualche velata trattativa, si è arrivati alla conta nei due rami del Parlamento: “O mi votate la fiducia, oppure saranno guai per tutti; io perdo la mia poltrona, ma anche voi perdete le vostre”, o almeno, questo è quello che lo sguardo del Presidente Conte ha sempre lasciato intendere.

Uno, due, tre, via! Italia Viva non dà la fiducia, ma non sfiducia, allora si astiene? Ma poi Nencini che fa? Si astiene anche lui o vota la fiducia? E allora Ciampolillo, Di Marzio, qualche ex forzista di qua, qualche ex M5S di là, poi la Segre e forse anche Monti, Casini et voilà! 156 voti a favore, ma i senatori totali sono 321…

E nel frattempo il Recovery Plan aspetta di essere discusso, l’Italia soffre e i cittadini assistono attoniti a questo immondo spettacolo. 


In Senato non c’è più una maggioranza

Il Senato conta 321 rappresentanti, dunque la maggioranza assoluta è di 161, ma i voti a favore del Governo sono appena 156 (158 aggiungendo un assente del M5S e il presidente emerito Napolitano): siamo di fronte a un governo di minoranza, almeno in uno dei due rami del Parlamento. Anche alla Camera, sebbene la situazione sia più tranquilla, la maggioranza è comunque molto risicata e “raccogliticcia”, come è stata definita dalle opposizioni: 321 deputati su 629 (maggioranza assoluta 315). 

Ci sono, inoltre, degli elementi da considerare: aver votato la fiducia al Governo non significa sostenerlo in tutto e per tutto: tra i 158 senatori della maggioranza, infatti, 2 sono appena usciti da Forza Italia e ben 4 sono dei senatori a vita (Segre, Monti, Napolitano e Cattaneo), che sappiamo essere parecchio assenti al Senato. A questi si sommano 2 ex M5S e qualche indipendente. A conti fatti, i senatori dei gruppi di maggioranza (M5S, PD, LeU, Autonomie, MAIE-Italia23) sono in totale 148 più qualche indipendente, mentre l’opposizione ne conta in totale 160: 136 a centrodestra (Lega-PSd’Az, FI-UdC, FdI, IDeA-Cambiamo!) e 24 tra gli altri partiti (IV, +Europa-Azione e altri del misto).

Insomma, un Governo del genere non può essere considerato stabile, soprattutto in tempi di pandemia: per stare in piedi, infatti, dovrebbe di volta in volta convincere i senatori di Italia Viva a votare le risoluzioni della maggioranza. 

Ma in questo panorama politico già abbastanza complesso, a generare ancora più critiche si è aggiunta l’astensione di Italia Viva. Effettivamente, possiamo parlare di una sorta di finta coerenza da parte dei renziani, che prima innescano la crisi extraparlamentare, ma al momento della parlamentarizzazione decidono di non sfiduciare il Presidente del Consiglio. Da un lato la rinuncia delle poltrone nel nome delle idee, dall’altro lato la rinuncia delle idee nel nome delle poltrone, dal momento che votare contro la fiducia avrebbe significato raggiungere quota 156 contrari, mandando a casa il Governo e aprendo alla possibilità di nuove elezioni (ipotesi disastrosa per Italia Viva, quotata intorno al 2,5%). 


Da “voltagabbana” a “costruttori”: il “mercato delle vacche” è adesso legittimo

Al di là dei numeri, parecchio incoerente è il modo in cui sono stati definiti i trasformisti nel corso degli ultimi anni. Obiettivamente, come affermato anche dal giornalista Alessandro De Angelis, “se questo stesso spettacolo lo avesse offerto la destra, noi a sinistra saremmo stati dei soloni dell’indignazione civile”; e detto da un giornalista di sinistra, vale mille volte di più.

Un tempo, i parlamentari dell’opposizione che decidevano di sostenere un governo venivano chiamati “voltagabbana” e l’atto di cercarli era un “mercato delle vacche”. Oggi, invece, si parla di “responsabili costruttori” e cercarli è diventato un “atto legittimo da parte delle forze di maggioranza”. 


La gestione fallimentare del Conte-bis

Fin da quando è nato, il 5 Settembre 2019, questo esecutivo ha dimostrato più volte di esistere con l’unico scopo di impedire a tutti i costi le elezioni, utilizzando la democrazia parlamentare come scusa per dare legittimità a un Governo che, di fatto, è nato contro ogni volontà popolare, non solo alla luce delle ultime elezioni europee, ma anche sulla base delle promesse fatte agli italiani nelle ultime elezioni politiche. Il M5S, il 4 Marzo 2018, ha ottenuto il 32% dei consensi a seguito di una campagna elettorale volta a criticare pesantemente tutto l’operato del Partito Democratico nei cinque anni precedenti, salvo poi farci un governo appena un anno e mezzo dopo.

Ma al di là delle promesse, ci sono anche dei temi concreti su cui questa maggioranza ha fallito, a partire dal contenimento dei contagi della seconda ondata e finendo con il fallimento della scuola, passando per tanti altri temi che per brevità non verranno trattati in questo articolo. 

La gestione della prima ondata del Covid, considerando il fatto che nessuno era preparato, è stata egregia. I problemi sono venuti fuori durante la gestione estiva e, ancora peggio, della seconda ondata, quella autunnale: il Covid lo conoscevamo, le misure restrittive le avevamo ampiamente sperimentate, avremmo dovuto trascorrere l’autunno con estrema tranquillità, ma così non è stato. C’è da constatare l’oggettiva inefficienza delle “zone” istituite dal Governo; zona gialla, zona arancione, zona rossa: soluzione sulla carta attendibile e potenzialmente efficace, ma nella realtà dei fatti troppo poco impattante dal punto di vista dei contagi e negativamente influente dal punto di vista economico. Queste misure non sono state efficaci e hanno soltanto acuito la disperazione di baristi, ristoratori, commercianti e altre categorie, tenuti a bada con ristori ridicoli.

La prova dell’inefficienza di queste misure risiede anche nella loro durata: si pensava di attuarle per tutto l’autunno al fine di trascorrere il Natale serenamente, invece è stato necessario renderle ancora più aspre per le feste e prorogarle ancora nel mese di Gennaio; quando alcune regioni migliorano, altre peggiorano e viceversa. Un Governo che non è in grado di tutelare la salute dei cittadini si deve dimettere, non può andare alla ricerca di parlamentari innamorati della poltrona. 

E ancora, sul tema della scuola, un altro fallimento: durante tutta l’estate, ci hanno fatto capire di star lavorando per un rientro in sicurezza, ma appena un mese e mezzo dopo gli studenti delle scuole superiori si sono ritrovati nuovamente in DaD (ancora in atto in mezza Italia). Le misure di sicurezza, inoltre, sono spesso contraddittorie: l’incredibile trovata degli ingressi scaglionati, volti a diminuire gli assembramenti all’ingresso, non ha prodotto altro che ulteriori assembramenti immediatamente fuori dal perimetro scolastico, perché è ovvio che tenendo i cancelli chiusi fino alle 8:15 gli studenti si ritrovano assembrati fuori dagli stessi.

Per non parlare dei trasporti, disorganizzati e contro le norme anticontagio, dal momento che è impossibile mantenere il distanziamento nei mezzi se sfruttiamo l’80% della loro capienza. 


Ma cosa succederà nelle prossime settimane e nei prossimi mesi?

Ancora una volta, non è facile prevedere quello che accadrà, dal momento che gli scenari possibili sono diversi. Secondo quanto riportato da autorevoli testate giornalistiche, Conte avrebbe chiesto al Presidente Mattarella una decina di giorni per allargare la maggioranza: ci riuscirà? Al momento, l’ipotesi delle dimissioni non è ancora da scartare, ma queste potrebbero dare il via a nuove trattative e probabilmente alla formazione di un Conte III.

In ogni caso, è molto probabile che per diversi mesi si vivrà in una situazione di galleggiamento e di incertezze, anche perché, come affermato dall’onorevole Magi (+Europa), con una maggioranza così risicata il Governo potrebbe essere portato a eludere ancora di più il Parlamento, per paura di cadere a ogni passaggio parlamentare. 

Nel frattempo, la sensazione che l’attuale maggioranza rincorra con tutte le sue energie il semestre bianco si fa ancora più viva, e il tutto sulle spalle degli italiani.


Luigi Dell'Utri, 24/01/2021